L’abilità manuale fa bene anche al paesaggio

Tratto da “Far da sé n.471 – Aprile 2017″

Autore: Nicla de Carolis

Mentre stiamo andando in stampa, oggi, 14 marzo, è stata presentata dal Ministero dei beni culturali e del turismo, la prima edizione della Giornata nazionale del Paesaggio “…istituita, al fine di richiamare il paesaggio quale valore identitario del Paese e trasmettere alle giovani generazioni il messaggio che la tutela del paesaggio e lo studio della sua memoria storica costituiscono valori culturali ineludibili e premessa per un uso consapevole del territorio ed uno sviluppo sostenibile…” Una piacevole e lodevole sorpresa per chi, come noi, adora il meraviglioso Paese, culla della civiltà, dove ha avuto il privilegio di nascere e che vorrebbe contribuire a mantenerne la bellezza e l’unicità.

L’obiettivo della giornata non è solo quello di evidenziare il valore del paesaggio inteso come bellezza della natura ma anche tutto ciò che di impareggiabile ha fatto nei secoli l’uomo, contribuendo a rendere il territorio sempre più godibile, ahimé, forse solo fino a un certo punto perché, negli ultimi 70 anni, sembra che troppo spesso si sia preferito profanare il territorio con un’edificazione pessima e con un’arte spesso incomprensibile. Comunque questa importante e vasta aggiunta di bello al paesaggio, fatta nei secoli, frutto dell’abilità dell’uomo, si scorge in ogni angolo sperduto d’Italia, ogni volta lasciandoci senza fiato. Giorni fa, per esempio, la scoperta è stata quella di una cittadina del Piemonte, Saluzzo, Capitale di un Marchesato quattro volte secolare, che conserva un meraviglioso insospettabile borgo, pressoché intatto nelle soluzioni urbanistiche di fine ’400, disteso a ventaglio sulla collina e in origine racchiuso da una duplice cerchia di mura.

Sovrastato dall’imponente Castiglia, il borgo è tutto un susseguirsi di viuzze acciottolate, ripide gradinate, chiese ed eleganti palazzi nobiliari con logge e altane, raccolti attorno a giardini nascosti. Per noi, così sensibili all’abilità manuale, il contesto ha provocato un forte stupore, non solo per la sua bellezza ma, abituati come siamo a considerare come si fa, per il lavoro certosino della posa di chilometri e chilometri di questa magnifica pavimentazione che lascia respirare il terreno grazie agli spazi tra una ciottolo e l’altro. E anche per l’architettura dei porticati, delle lunghissime volte a botte, delle facciate di struttura trecentesca in rosso mattone locale e grigiazzurra pietra alpina che hanno come sfondo le Alpi Cozie dominate dal Monviso, un insieme di impareggiabile armonia. Un’architettura frutto dell’intelligenza, del buon gusto e della manualità dell’uomo che fa parte del paesaggio e lo valorizza ulteriormente come si può ammirare nella foto qui sotto di Saluzzo antica.

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