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Cavatappi da muro fai da te | Costruzione guidata

cavatappi da muro

Questo cavatappi da muro occupa uno spazio limitato sulla parete e stappa le bottiglie con il minimo sforzo grazie al sistema a cremagliera realizzato in legno

Quando bisogna stappare una bottiglia di buon vino in compagnia degli amici non sempre tutto fila liscio; serve un po’ di forza e bisogna saperla esercitare nel modo giusto, qualche astante pronto a cogliere il momento di difficoltà per mettere in imbarazzo l’improvvisato mescitore lo si trova sempre. Un cavatappi da muro come questo, oltre a fare bella figura in una taverna o in una cucina rustica, aiuta notevolmente a concludere l’operazione con successo anche con i tappi più ostinati.

È possibile realizzare varie tipologie di cavatappi da parete, utilizzando diverse essenze legnose; quello di cui abbiamo eseguito la realizzazione da zero è in legno di rovere “di Slovenia”, un’essenza pregiata e utilizzata nella produzione di parquet e botti per vini e liquori.

Proprio alcuni pezzi che compongono questo apribottiglie da muro provengono da una botte dismessa che è stata utilizzata per recuperare un legno stagionatissimo e apprezzato per la sua robustezza e inalterabilità.        

Massello di buon spessore

Il cavatappi a muro prima del montaggio della maniglia, con il perno che la incerniera alle spalle, e del pistello, l’elemento forato che costituisce la guida per la maniglia a cremagliera.
In quest’altro modello, un po’ più elaborato nella finitura estetica, si vede anche il levatappi completo di verme, agganciato alla base del pistello.

Come costruire un cavatappi da muro

Su una tavola grezza si traccia la sagoma rettangolare della tavoletta nelle dimensioni necessarie per ottenere il basamento finito.
Lo sviluppo del basamento deve seguire la venatura del legno, come pure l’azione della pialla che elimina le asperità e restituisce una superficie liscia e piana sulla faccia a vista.
La faccia posteriore dell’apribottiglie da parete può essere regolarizzata in modo meno sofisticato con la levigatrice a nastro.
Per tracciare la sagoma dell’arco superiore ci si avvale di una dima, centrata sul pezzo e appoggiata alla squadra a cappello messa in battuta sul lato lungo.
Si procede al taglio dell’arco guidando il pezzo contro la lama della sega a nastro, tenendosi circa 1 mm all’esterno della tracciatura.
La levigatrice a nastro, bloccata con un morsetto al banco in posizione capovolta, si utilizza come macchina stazionaria per eliminare le “creste” lasciate dal taglio sul bordo.
Nella tavoletta finita, in punti prestabiliti, si aprono i fori per il fissaggio a parete e per montarvi le spalle e la base cava in cui inserire il collo della bottiglia.
Sempre con la sega a nastro si seguono i profili delle due spalle e della base cava tracciate sul legno e se ne regolarizzano i bordi con la levigatrice a nastro.
Per realizzare la base cava, più o meno al centro del pezzo già sagomato, si marca con un punzone il punto da forare. Lo stesso si fa sulle due spalle, nelle quali si realizza un semplice foro passante per il perno.
I colli delle bottiglie non sono tutti uguali, ma una mecchia Ø 30 mm è ideale per impostare, da sotto, una sede universale, scavando il legno per 5-6 mm.
Con il passaggio di 2-3 punte di diametro crescente si realizza un foro passante del diametro di 10 mm.
Torna in scena la sega a nastro per realizzare la scanalatura in cui andrà inserito l’estrattore già avvitato nel tappo della bottiglia.
Con una raspa cilindrica montata sul trapano si rende conica la cava allargando anche il foro posteriore quel tanto che basta a consentire il passaggio del tappo in estrazione, mentre la bottiglia rimane in battuta all’interno della cava.
Quando i pezzi vengono prodotti in serie, per realizzare le sedi per le spine è meglio avvalersi di maschere di foratura, in caso contrario si possono utilizzare i marcatori a cappellotto. Un po’ di colla vinilica nelle sedi e si possono inserire le spine: le scanalature longitudinali delle stesse servono da “tasche” per la colla.
Si realizzano le sedi per le spalle del cavatappi da muro si procede al loro montaggio sul basamento. La foratura passante si effettua con questi due pezzi già montati, per non correre il rischio che un minimo disallineamento nel montaggio possa interferire con l’assialità dei fori.
Il montaggio si effettua con i pezzi già trattati con impregnante ad acqua, qui sono montati grezzi.

Impugnatura sagomata

Anche per riportare il profilo della maniglia su legno si utilizza una sagoma di riferimento.
Si segue il profilo al meglio con la sega a nastro, riprendendo il taglio più volte se occorre.
La levigatura deve addolcire tutte le curvature e gli spigoli del pezzo, in modo da consentire un’impugnatura del cavatappi da muro agevole e priva di asperità.
I dentini della cremagliera devono corrispondere ai fori presenti sul pistello e vanno leggermente smussati in punta per facilitare l’incastro in fase di azionamento. Vengono rinforzati inserendo una vite passante al centro ed eliminandone la testa, in modo che nel tempo, a causa dello sforzo applicato, non venga meno la tenuta della colla e i dentini abbiano a sfilarsi.

Rinforzi in metallo

Tra le due spalle viene realizzata una sede in cui si inserisce una canaletta in metallo che funge da binario per due perni, anch’essi in metallo, inseriti dietro il pistello. Questo per far sì che lo scorrimento avvenga su metallo e non su legno, in modo più fluido e senza sfregamenti che produrrebbero in breve tempo segni di usura. Per lo stesso motivo il retro del pistello è leggermente convesso.
Alla base del pistello è montato il sistema di aggancio del levatappi: qui lo vediamo staccato, ma dopo averlo avvitato nel tappo della bottiglia va inserito nella scanalatura della base cava e agganciato al pistello, poi si abbassa la maniglia per esercitare la trazione tramite la cremagliera.
Prima di completare il montaggio del cavatappi da muro si trattano tutti i pezzi con cera stesa a pennello e poi tirata con un panno.
Si incastra il pistello nella guida…
…e si monta la maniglia, incastrando il primo dente nel primo foro e inserendo il perno.
I due terminali che impediscono al perno di sfilarsi si avvitano alle sue estremità.
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