Recuperare, ristrutturare, riqualificare!

Tratto da “Rifare Casa n.62 – Marzo/Aprile 2019″

Autore: Nicla de Carolis

Da sempre siamo sostenitori del recupero del patrimonio edilizio d’epoca, comprendendo in questa categoria anche le costruzioni razionaliste (1920/40) e ci lascia perplessi l’idea che molti edifici di oggi vengano progettati per durare pochi anni, trascorsi i quali è più conveniente demolirli e ricostruirli, magari in un’altra zona, secondo caratteristiche che meglio rispondono alle mutate esigenze dei fruitori. Di sicuro sono tante le case costruite negli anni 50/60/70 che dovrebbero essere demolite, perché sono obsoleti gli impianti elettrici, idraulici, fognari e assente l’isolamento termo- acustico, oltre che per la loro estetica a dir poco incomprensibile, se paragonata alla bellezza e alla ricercatezza nei dettagli dei palazzi d’epoca del nostro Paese; un parco abitativo che per ripetitività tipologica e cattivo funzionamento è stato definito “ecomostro”. E questi quartieri, anche quelli realizzati più di recente con progetti di professionisti di fama, spesso mancano di ciò che diceva Calvino nel suo romanzo Le città invisibili: ”Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato”. Chi conosce il quartiere Bicocca di Milano, tanto per citarne uno, un’area che si estende per circa 700.000 metri quadrati, dove fino agli anni ’80 c’erano gli stabilimenti per la produzione degli pneumatici Pirelli, capisce perfettamente cosa manca in un posto del genere, che la sera è una landa desolata, nonostante la presenza dell’università e del teatro degli Arcimboldi (quello costruito per accogliere gli spettacoli de “La Scala”, in occasione della sua ristrutturazione, con dimensioni e caratteristiche analoghe al quelle del mitico teatro milanese ma con cui non ha nulla a che vedere per eleganza, bellezza architettonica e ubicazione). Inoltre, girando per la Bicocca, si rimane colpiti dal decadimento delle costruzioni che forse avranno anch’esse “scadenza breve”. Quindi ci infiammiamo di speranza quando leggiamo che il Governo concede, a un canone simbolico di 150 euro al mese, a cooperative di giovani artisti, edifici di pregio, abbandonati, inseriti in un contesto vissuto, perché li trasformino in atelier d’arte. Il nuovo bando, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale alla fine del 2018 con un elenco degli immobili da destinare al progetto di recupero, sostituisce quello già proposto 3 anni fa che non aveva dato risultati perché gli edifici proposti erano inidonei (sic) “per gravi problemi strutturali e di agibilità”. Come ottimo sembrava il progetto pilota di riqualificazione di 30 delle 1.244 case cantoniere, di proprietà dell’ANAS, distribuite sul territorio nazionale, da destinare al turismo sostenibile, per creare una rete di accoglienza diffusa sul territorio con caratteristiche di omogeneità nella qualità dei servizi offerti. Dopo più di due anni dal bando, solo per 2 case cantoniere si è avviato l’iter burocratico necessario per la trasformazione; delle altre non si sa nulla. è così che purtroppo la fiamma dell’entusiasmo si spegne di fronte ai risultati a oggi deludenti, ma non disperiamo.

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