Mani sporche, mani che lavorano

Mani sporche di colla, di segatura, di grasso, di colore, di terra: mani che lavorano, insomma

Quando la scimmia, scesa dagli alberi, imparò a camminare su due piedi, si accorse di avere due mani libere per raccogliere cibo e impugnare strumenti. E’ questa una semplificazione del processo evolutivo che ha portato all’uomo attuale, ma gli scienziati sono concordi nel sostenere che sostanzialmente andò così e che da quelle due mani libere cominciò la crescita e la specializzazione del cervello umano.
Oggi di mani si fa un gran parlare. Di mani pulite si parla per riferirsi ad un’indagine giudiziaria che sta rivoltando come un calzino la vita politica e imprenditoriale del nostro Paese: lavoro meritorio, quello dei giudici che stanno svelando tangentopoli.

Tanto che oggi giornali e TV non parlano quasi d’altro; e la gente esasperata si informa, ma sono evidenti i primi sintomi di stanchezza, di rassegnazione, di nausea.
Vogliamo cambiare argomento e parlare un po’ di mani sporche?
Mani sporche di colla, di segatura, di grasso, di colore, di terra: mani che lavorano, insomma. Va assolutamente e in fretta riscoperta questa grossa fetta di Italiani, che in silenzio lavora giorno dopo giorno le sue ore regolamentari e che poi, una volta a casa, riprende trapano o martello per realizzare, con soddisfazione, quanto è utile per sé e per la famiglia.

È su queste mani, quelle che lavorano, che puntiamo in questo momento di crisi: quando anche tra pulito e sporco è ormai facile fare confusione.

Sono pulite le mani di chi non fa niente, di chi si dà alla bella vita, di chi non fatica. E sono sporche le mani di chi zappa la terra, di chi opera in officina, di chi cura o assiste in ospedale, di chi insegna a scuola, di chi gestisce attività commerciali.

Sono sporche le mani di chi ruba, di chi si approfitta del lavoro altrui, di chi abusa della propria carica per pensare al proprio personale interesse. E sono pulite le mani di chi lavora onestamente, di chi dedica costante impegno alla professione, di chi è sempre pronto a fare la sua parte.

E dunque in questo balletto di mani, pulite che non si sporcano nemmeno a manipolare il più unto dei motori, sporche che non si lavano nemmeno dopo trent’anni di galera, puntiamo sulle mani che lavorano. Anche perché, l’evoluzione insegna, sono queste le mani che potenziano il cervello, che spingono l’uomo verso nuovi progressi.

(maggio 1993)

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