Legni artificiali: giusti per i fardasé?

Tratto da “Far da sé n.518 – Settembre 2021″

Autore: Nicla de Carolis

Il dossier di questo numero è dedicato ai legni artificiali, ovvero quei pannelli ricavati da scarti di legno, pezzi e fogli tenuti insieme da collanti. La materia è sicuramente interessante e utile, ma ci porta a fare alcune considerazioni legate a un indispensabile ripensamento in favore di minor inquinamento, minore produzione di rifiuti, minori consumi e legate anche all’attività di chi fa da sé. I legni artificiali, introdotti nel corso del ‘900, hanno rivoluzionato totalmente il modo di fare falegnameria per soddisfare la richiesta dell’industria del mobile e la produzione in serie. Tutti sappiamo come si è evoluto il modo di arredare… IKEA docet con le sue soluzioni dal design accattivante, ben ambientate nelle esposizioni… chi non ha mai comprato all’IKEA scagli la prima pietra! Ma questi mobili, che svolgono la loro funzione, realizzati per l’appunto in legni artificiali, bilaminati, MDF etc sono destinati a vita breve; così, senza troppi rimpianti, dopo qualche anno, vengono messi sulla strada per il ritiro “rifiuti ingombranti”.

I mobili di una volta, costruiti artigianalmente in legno massiccio, per modesti che fossero, difficilmente avrebbero potuto fare quella fine per via della cura e delle tecniche con cui venivano costruiti, avendo per giunta la possibilità di essere restaurati, irrobustiti, rifiniti ulteriormente nelle superfici e, infine, arrivati proprio al capolinea, bruciati nel camino. Tutte cose che con un mobile in legno artificiale sono impossibili se non addirittura proibite, parlo di un loro utilizzo come combustibile, perché produrrebbero un notevole inquinamento dell’aria per via delle resine/colle/prodotti chimici che contengono. Ma poi vogliamo paragonare il piacere del contatto con un tavolo in legno massiccio, magari rifinito a cera, con quello di un piano in truciolare nobilitato? O del piacere di aprire un armadio della nonna dove magari le cerniere cigolano, problema facilmente risolvibile, ma che certo non si staccano irrimediabilmente perché si è sbriciolato lo scasso nel truciolare delle ante?

Non nego che certi legni atificiali abbiano valenze notevoli che li rendono preziosi e più idonei per determinati progetti, come i bei lamellari o i compensati marini, resistenti all’acqua. E riconosco l’utilità delle caratteristiche che li contraddistinguono tutti, ovvero la disponibilità in pannelli di varie misure e la proverbiale stabilità. Come esempio di queste note positive cito il tavolo enorme (1,5×3 metri), su ruote, presente nel nostro laboratorio, che utilizziamo per fotografare oggetti. È stato costruito da un nostro tecnico oltre 20 anni fa con struttura portante in multistrato e piano formato da una sola lastra di truciolare bilaminato che, nonostante gli anni e i maltrattamenti, non si è imbarcato e continua a fare egregiamente il suo lavoro.
Però, se escludiamo usi “tecnici”, è chiaro che un fardasé difficilmente progetti la costruzione di un mobile con legno artificiale: visto il tempo e l’amore che impiega nella realizzazione della sua opera, pensa di utilizzare un materiale all’altezza del suo impegno per bellezza e durata nel tempo, il legno “naturale”.

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