Architettura bioclimatica

Torniamo a costruire lasciando che sia il clima a disegnare la casa. Orientamento, forma del tetto, uso di materiali naturali, rapporto tra pieni e vuoti, posizione delle finestre, ecc: lasciamoci ispirare dalla natura per il nostro benessere

In tutte le tradizioni locali, l’orientamento rispetto al sole, la forma dei tetti secondo le condizioni di pioggia o neve, l’esigenza di proteggersi dal caldo o dal freddo eccessivi, hanno saputo costruire nel tempo, più che uno stile, un vero e proprio linguaggio strutturato e complesso, tanto che si può dire che è il clima che ha disegnato la casa e il suo intorno; da questi principi basilari nasce l’architettura bioclimatica che si lega alla geografia di un dato luogo e si sviluppa nella storia: ambiente esterno e saperi dell’uomo danno vita a modelli costruttivi con infinite variazioni sul tema, in cui la differenza diventa ricchezza, e le analogie ne sono il carattere distintivo.
E proprio come cambia il clima, dal nord al sud dell’Italia, cambiavano le forme delle abitazioni, cambiavano i colori dei tetti e delle facciate, secondo l’impiego delle tecniche costruttive e dei materiali locali più adatti.

torri bioclimatiche
Le otto torri bioclimatiche, progettate dall’architetto Manfredi Nicoletti lasciandosi ispirare dall’ambiente naturale con le sue forme curve e svirgolate, destinate a sorgere in Malesia a 30 km da Kuala Lampur, sono l’espressione di una rinnovata attenzione alla natura e di un’architettura ecocompatibile.

Fino al diffondersi del moderno “stile internazionale” i caratteri delle architetture tradizionali erano ancora presenti nel paesaggio e nella scena urbana, dato che, prima della diffusione dei moderni impianti tecnici a combustibili derivati dal petrolio, le costruzioni dovevano fare i conti col caldo e con il freddo, con la neve e con la pioggia.
A partire dall’espansione urbana del secondo dopoguerra, impiegando su larga scala a tutte le latitudini il sistema costruttivo del cemento armato, si è di fatto rivoluzionato l’aspetto dei borghi e delle città.
Nelle nuove costruzioni, le murature massicce venivano sostituite con grandi vetrate, le coperture piane prendevano il posto dei tetti a falda e, senza più aggetti, le facciate nude diventavano più esposte alla pioggia o al sole battente.
Per vari decenni l’architettura si è fidata più della tecnologia e della sua estetica, (una casa doveva assomigliare ad una macchina per abitare) che della natura, ma proprio perché qualcosa sta cambiando, l’attuale crisi economica ed energetica ha portato a rivalutare quelle conoscenze e tecniche che hanno saputo legare natura e saperi.
A partire dal principio base del riparo, nell’architettura bioclimatica ogni parte della costruzione risponde in modo ottimale a complessi fenomeni, oggi spiegati dalla fisica dei fluidi e della termodinamica, per ridurre i fabbisogni energetici, come un organismo che cerca di autoregolarsi.
L’involucro, il guscio o pelle esterna interagisce con l’ambiente sia difendendosi, sia catturando l’energia naturale del sole, del vento, dell’aria, della pioggia, per regolare il clima interno e ottenere riparo e benessere: tutto ciò che è favorevole alla vita (bios).

La forma del tetto, la consistenza delle pareti, il rapporto dei pieni e dei vuoti, la posizione delle finestre, i colori: niente è casuale o arbitrario, tutti gli elementi hanno una loro forma che è anche funzione e bellezza.

Il fascino delle diversità e il grande comfort ambientale rendono le architetture spontanee meta di un rinnovato interesse per un turismo di qualità e la ricerca di un nuovo modo di abitare.

Costruire secondo i principi della bioclimatica significa creare un legame talmente profondo fra forma e funzione, materiale e colore, unendo bellezza a utilità e solidità, che si può veramente parlare di vere architetture che si sono sviluppate in modo spontaneo, attraverso un’evoluzione lenta, ma continua e che stanno per ritornare ad essere la base di un nuovo modo di progettare uno scenario sostenibile.

 

Legno e posizione contro il freddo

bioclima montagna Le costruzioni del nord sono caratterizzate dal tetto spiovente a falde molto inclinate e dall’impiego del legno come materiale da costruzione.
L’inclinazione del tetto permette di far scivolare rapidamente la pioggia e la neve che altrimenti graverebbero col loro peso sulla copertura causando cedimenti e infiltrazioni.
Lo spessore della neve che rimane fa invece da strato isolante “naturale”.

Il legname dei vicini boschi di conifere, fornisce il materiale prevalente da costruzione, tronchi, tavole, fibra, un vero esempio di “filiera corta”.
Come l’albero della foresta, la casa alpina si radica sulla roccia. Su un basamento di pietra locale, i piani soprastanti sono costituiti da strutture di legno, che da sempre sfruttano spontaneamente tutte le caratteristiche di questo materiale di contenere il calore e far respirare la casa profumandone l’interno.
Spesso la casa alpina ha alle spalle un bosco o un pendio che la protegge dal vento del nord mentre si affaccia sul lato più soleggiato di un prato o di una valle, per captare l’energia termica e luminosa del sole e per poterla immagazzinare al suo interno.

 

Costruzioni radicate nel paesaggio

Il radicamento della casa nel paesaggio del centro Italia, tanto che la costruzione sembra nascere spontaneamente dalla natura circostante, si deve al forte legame della costruzione con il clima del luogo e con le risorse dell’ambiente circostante. Le spesse murature in pietra locale, le coperture in coppi ricavati dalla cottura delle argille, le finestre piccole che permettono di mantenere il calore dei camini all’interno e la frescura in estate, sono le caratteristiche tipiche delle case coloniche che vivevano in autonomia sfruttando il sole, la pietra, l’acqua e la vegetazione come risorse rinnovabili e …a chilometri zero.

Bianco e roccia difendono dal caldoTrulli di Alberobello

L’architettura spontanea dei trulli è caratterizzata dalla forma compatta e dallo spessore delle murature che arriva addirittura a due metri. L’interno circolare è particolarmente protetto dalle variazioni estreme del clima esterno, tanto che sembra di essere in un uovo. Senza spigoli, la muratura, lisciata dalla calce bianca, con le sue cavità e i suoi rilievi, diventa anche arredo essenziale.
Il bianco purissimo del latte di calce, da sempre usato nel sud per purificare l’intonaco e rinnovarlo, ha una funzione preziosa per il raffrescamento: sul bianco delle superfici si riflette la radiazione solare in modo che l’onda termica non attraversi lo spessore murario e non penetri all’interno, come avverrebbe su una superficie scura.
Questo fenomeno, che viene definito “albedo” è molto importante per il calcolo delle capacità termiche delle superfici.

Torri che captano il vento e raffrescano

torre del vento
La torre del vento di Dowlat-abad a Yazd, una delle più alte esistenti.

La capacità di raffrescamento naturale delle abitazioni dei climi caldi del sud del mondo sta diventando sempre più l’oggetto della ricerca attuale dei sistemi e delle caratteristiche costruttive in grado di rendere autonome le case dall’impiego di combustibili o quanto meno ridurne i consumi.
Gli studi più avanzati puntano sullo studio delle proprietà delle costruzioni dell’area mediorientale che con le loro “torri del vento” captavano ogni brezza e riuscivano, senza macchine e senza elettricità, a far circolare aria fresca dai sotterranei alla sommità.
Camini e canali d’aria emettevano l’aria riscaldata secondo moti naturali che lo studio della fisica dei fluidi riproduce nelle moderne tecnologie di regolazione del clima interno.

 

 

 

Articolo a cura dell’Architetto Elena Ciappi

 

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