Restauro fai da te di una Lambretta

La storia

Il termine motor-scooter significa, stranamente, “monopattino a motore” ed era il termine con cui l’USAF designava certi strani veicoli in dotazione ai paracadutisti e che i giovanissimi degli anni ’40 apparivano quanto mai buffi e ridicoli.
Non fu così per la Piaggio e la Innocenti che tre o quattro anni dopo, dovendo riconvertire la produzione da bellica a civile, scelsero la linea della motorizzazione di massa.
Pioniere fu l’ing. Innocenti che affidò la progettazione del nuovo veicolo a quell’ing. D’Ascanio che poi, lasciata la Innocenti per contrasti tecnici e personali, andò alla Piaggio e nel giro di pochi mesi mise a punto la Vespa.
Se all’epoca il ciclismo era imperniato sulla lotta fra Coppi e Bartali così fu per il popolo delle due ruote, nettamente diviso fra Vespisti e Lambrettisti. Piaggio e Innocenti si battevano a colpi di prestazioni tecniche e di eleganza, ma la gara, com’è oggi palese agli occhi di tutti, fu vinta dalla prima e la Innocenti, dopo il fallito tentativo di un colpo d’ala affidato a Bertone, dovette chiudere i battenti nel 1971, vendendo progetti e macchinari ad un’industria indiana che sei anni dopo cessò definitivamente la produzione.

Lambretta 50 special
Lo scooter, che per i primi vent’anni del dopoguerra aveva motorizzato l’Italia, con cilindrate cresciute fino a 250 cc, dovette cedere il passo alla Fiat 500 che con un prezzo meno che doppio ed un consumo di poco superiore, offriva prestazioni di gran lunga migliori del più grosso e potente scooter.
Piaggio e Innocenti, fiutato il vento e rinunciando a fare concorrenza alle quattro ruote puntarono su veicoli di piccola cilindrata, i “cinquantini”, relativamente economici, soprattutto nel consumo ed agili da disimpegnarsi anche nel traffico che già pochi anni dopo era cresciuto a dismisura e diventato caotico ed è appunto uno di questi, il 50 Special prodotto nel 1968.

 RITORNO ALL’ANTICO SPLENDORE DELLA LAMBRETTA

La lambretta, assurdamente ridipinta di verde, era rimasta per anni abbandonata, non proprio esposta alle intemperie, ma certamente non in condizioni ideali. Ruggine e umidità avevano completamente bloccato ogni movimento dei pezzi, tranne, per fortuna, quello del pistone, che, smontata la testata, è bastato lubrificare. 
Prima si smontano le ruote, poi tutti i cavetti con le relative guaine, numerandoli e descrivendoli su un registro usato per annotare, una dopo l’altra, tutte le operazioni così da poterle poi seguire a ritroso nel rimontaggio.
Si prosegue col manubrio e con la forcella, col pedale del freno e infine col motore. Il sedile, completamente distrutto, è stato rifatto uguale in una selleria.
Riuniti e riordinati tutti i pezzi, ripuliti e/o rifatti, il lavoro è ripartito al contrario, cominciando dal cavalletto e via via rimontando in sequenza tutti gli elementi fino a chiudere con l’applicazione dei fregi e delle scritte accuratamente rilucidate a specchio.

A vederla così non sembrava possibile nessun tipo di ripristino e invece con solvente, detersivo, idropulitrice, spazzole metalliche, carte abrasive e ore di sano bricolage ha ritrovato una seconda vita.
Il gruppo meccanico sembra un mucchio di ferraglia piena di ruggine e di fango: idropulitrice, svitol, spazzola metallica montata sul trapano ed infinita pazienza lo hanno riportato a nuovo.

 

I quattro elementi della carrozzeria (scocca, parafango anteriore e copriruota) sono stati sabbiati e fatti riverniciare in bianco latte.
Uguale trattamento per le due semiscocche del manubrio, mentre per le leve di cambio e frizione sono bastati Sidol e olio di gomito.

UTENSILI
Trapano, spazzola di ferro, carta vetrata, pennello, idropulitrice, smerigliatrice

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