Dalle feritoie degli egizi alle finestre panoramiche

Tratto da “Rifare Casa n.83 – Settembre/Ottobre 2022″

Autore: Nicla de Carolis

L’esigenza di aperture per arieggiare gli ambienti viene da lontano, le prime finestre arrivarono con la civiltà mesopotamica e quella egizia, 3000/4000 a.C., che per favorire il ricambio d’aria si servivano di buchi nei muri, specie di feritoie chiuse con teli bianchi impregnati di grasso, pezzi trasparenti di vescica di maiale o pelle di animali ridotta a sottile pergamena.
Poi, come per tante innovazioni geniali, furono i romani a dare vita alle prime finestre tamponate con il vetro, introducendo per la prima volta nella storia un concetto che ancora oggi resta saldo: la trasparenza. Erano piccole lastre grezze, spesse circa un centimetro con telai che, nelle case più facoltose, erano addirittura in bronzo; la finestra divenne allora uno status symbol, tanto che Cicerone scriveva: “Ben povero si deve considerare chi non possiede una casa tappezzata con placche di
vetro”.
Nei secoli a seguire l’architettura fece della finestra l’elemento più importante delle facciate degli edifici e nell’era moderna; Le Corbusier progettò le finestre strutturali a vetrata fissa a tutto vetro con la sola funzione di illuminare. Oggi, soprattutto nelle case nuove, si inseriscono grandi superfici vetrate per dare appunto tanta luce e poter godere di una bella vista sul paesaggio o sulla città. La progettazione di vetrature di dimensioni così importanti, rispettando i criteri di isolamento, è possibile grazie all’evoluzione che hanno avuto gli infissi soprattutto in questi ultimi decenni: profili a taglio termico che, non trasmettono caldo e freddo, vetri doppi o tripli che possono arrivare ad una coibentazione al pari di una buona parete. Altra evoluzione davvero notevole sono le finestre da tetto, che sia piano o a spioventi, fanno godere al massimo il benessere che solo la luce dall’alto può dare (vedi ristrutturazione da pagina 38).
Ma non basta. Le finestre di oggi sempre per migliorare le loro prestazioni in fatto di sostenibilità, possono essere dotate di VMC, ventilazione meccanica controllata, un sistema che consente un automatico ricambio d’aria senza aprire il serramento, cosa che bisognerebbe fare più volte al giorno. L’obiettivo, come nel caso della VMC degli impianti tradizionali, è di proteggersi dall’inquinamento indoor (gli agenti chimici che possono esalare vernici, arredi, stufe, detergenti e agenti biologici, muffe, batteri, spore fungine, polline e parassiti vari) e di ricambiare l’aria senza avere dispersioni di calore in inverno.
Noi sapiens ne abbiamo fatta di strada dalle feritoie chiuse con la vescica di maiale, a quanto avrete modo di vedere da pagina 42.

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