Muri a secco in pietra | Panoramica generale

Una tecnica antichissima, quasi primordiale, per erigere muretti in pietra portanti, dal fascino che nessun altro sistema moderno può eguagliare; impareggiabile anche in fatto di inserimento paesaggistico ed ecosostenibilità

La costruzione di muri a secco è una delle prime invenzioni dell’uomo; sin dai tempi più antichi, questo metodo costruttivo si è diffuso in tutto il mondo abitato e da allora le metodiche hanno subito un’evoluzione veramente modesta.

Nonostante questo è difficile rimanere insensibili di fronte alla bellezza e al fascino che esprime questo tipo di costruzione: muri di separazione, frangivento, canalizzazioni, pozzi e poi tutta una serie di costruzioni a uso religioso, rurale e vere e proprie case. Non vi è mai alcun impatto estetico contrastante con i luoghi circostanti, anzi, spesso è addirittura accresciuto il valore paesaggistico dell’intero contesto. In più, nulla come la costruzione in pietra a secco rappresenta l’unicità del manufatto, assolutamente irripetibile. 

Ma i motivi storici della diffusione di questa tecnica di costruzione non sono bellezza e fascino. Prima fra tutti è stata la disponibilità di materia prima sul luogo, ovvero la possibilità per chiunque di procurarsi il materiale a costo zero, per esempio, traendone gran parte già nel corso del dissodamento dei terreni da coltivare.

Un secondo motivo è che la tecnica non prevede leganti: un passo vincente sin dai primordi, quando certamente non esistevano le malte cementizie, ma anche in tempi successivi, perché la costruzione è sempre risultata molto vantaggiosa, economicamente parlando, dato che non necessita altro che la materia prima.

Parlando del nostro Paese, va detto che in Italia c’è un vero e proprio patrimonio di opere a secco, distribuite pressoché uniformemente da nord a sud. Oltre ai casi eccellenti e conosciuti in tutto il mondo dei trulli pugliesi, dei nuraghes sardi e dei terrazzamenti tipici della Val d’Aosta, del Trentino-Alto Adige e della Liguria, i più semplici muretti a secco sono presenti in tutte le nostre campagne e numerosissimi sono gli esempi di costruzioni montane, prealpine e collinari.

muro a secco

Quasi sempre il materiale è stato reperito sul luogo, soltanto in casi meno frequenti e per le costruzioni più complesse la pietra utilizzata è stata commissionata in forma di prelavorato, proveniente da specifiche zone di estrazione.

Ma alla base di tutto, come denominatore comune, c’è la capacità dell’uomo. Dalla costruzione più semplice alla più complessa, il metodo della pietra a secco richiede di combinare elementi irregolari, facendo in modo che l’ultimo pezzo messo partecipi a immobilizzare i precedenti. 

È chiaro che il sistema si basa sulla disponibilità di materia prima, sulla capacità di scegliere i pezzi da associare, al limite modificandoli minimamente, e di saper seguire una linea architettonica efficace sotto il profilo strutturale ed estetico.

Se tutto questo un tempo era dominio comune, tramandato di padre in figlio per necessità, oggi la pratica della costruzione a secco è sempre più relegata a mera espressione delle nostre tradizioni e, come tale, il rischio è di perdere il patrimonio, non più incrementato quantitativamente, anzi, spesso disperso per incuria e abusi edilizi.

Ma il patrimonio che si perde è anche quello culturale, visto che mancando la trasmissione ai figli di questo “saper fare”, sono sempre meno le persone in grado non solo di elevare nuove costruzioni col metodo della pietra a secco, ma anche di effettuare soltanto manutenzione e riparazioni sull’esistente. 

La tecnica per un muretto di contenimento

Ci si deve procurare una certa varietà di pietre, non diverse per tipo, ma per dimensioni e forma. 

Oltre al quantitativo necessario di comune terra, le pietre devono essere almeno di tre dimensioni: piccole da drenaggio, medie da riempimento e grandi da costruzione, più eventualmente, quelle piatte per la finitura.

Un buon letto di drenaggio serve per impedire che l’acqua dilavi la terra che sostiene il muro; le pietre da costruzione vanno disposte su tutto il perimetro e, man mano che si sale, all’interno vanno messe le pietre da riempimento. 

Dalla base, i muri a secco di contenimento tendono a restringersi salendo, portando una certa inclinazione verso il terreno da contenere, ma senza che il lato scarpata vada oltre la verticalità inclinandosi con angolo negativo.

Un passo nella storia

Il muro a secco è il primo esempio di manufatto edile mai realizzato ed è presente in tutte le culture del pianeta. 

Di fatto rappresenta il primo tentativo dell’uomo di modificare l’ambiente a suo uso e consumo. All’inizio si è trattato solo di costruire un riparo o delimitare un luogo, in seguito gli esempi si sono fatti i più disparati: le mura delle città più antiche, costruite con blocchi enormi incastrati a secco; in Sardegna i nuraghes, edificati tra il 1800 e il 1100 a.C.; i muri in pietra edificati dagli antichi Greci e poi dai Romani, scelti perché erano più economici e per la semplicità costruttiva; le innumerevoli costruzioni religiose, come nel caso degli altari eretti dai patriarchi ebrei ecc.

Gli attrezzi del mestiere

Nei casi più semplici può anche non essere necessario alcun utensile, ma per effettuare gli adattamenti delle pietre si usa solitamente martello e scalpello. Per tagliare e sollevare i blocchi grossi, oggi ci sono sistemi di estrazione, presa e spacco moderni.

Rampe e scale

In tutti i luoghi in cui viene realizzato un grosso e alto muro a secco di contenimento, come nel caso dei terrazzamenti, si rende necessario realizzare rampe di accesso o scale per poter superare il dislivello creatosi. Anche questi elementi di complemento sono tutt’ora realizzati con la modalità a secco, ovvero senza alcun legante.

Le rampe sono collocate solitamente alle estremità delle terrazze, mentre le scale possono essere in qualsiasi punto. Queste ultime possono essere addossate al muro, ma in molti casi sono a sbalzo.

I gradini a sbalzo sono costituiti ovviamente da pietre uniche di grandi dimensioni, almeno in lunghezza, con spessore di almeno 15 cm e formate da pietra molto resistente alla rottura. 

La parte esterna del gradino a sbalzo è al massimo un terzo della lunghezza totale della lastra (2/3 vanno inseriti nel muro per immobilizzarla).

Le tecniche costruttive impiegate nelle campagne

Un esempio emblematico è quello che si osserva nelle campagne in cui i poderi sono stati limitati con muri di pietre a secco. È visibile come il terreno da coltivare abbia richiesto nei secoli grossi sforzi all’uomo per essere reso fertile e produttivo, togliendo quantitativi enormi di pietre e massi; spesso se ne vedono ancora molti affiorare dal suolo.

Ciò che si vede dall’esterno sono i blocchi più grandi; grazie alle loro proporzioni e alle forme sapientemente associate, formano le facce esterne del muretto a secco

Partendo da una base d’appoggio a terra più ampia e restringendosi verso l’alto, al loro interno resta uno spazio che va man mano riempito con i ciottoli e le pietre più piccoli, cosa che partecipa a rendere estremamente solido il muro.

La pietra posta a cavallo delle due sottostanti esercita un potente schiacciamento a compressione.
La pendenza del terreno, che porterebbe a uno scivolamento del muro, deve essere constratata con il progressivo restringimento della sezione del muro stesso, mantenendo comunque un andamento verticale.
La pietra più lunga posta in senso trasversale ha la funzione di collegamento del muro con gli strati di riempimento e drenaggio posti a monte.
Tra pietre di sezione maggiore poste in orizzontale e in verticale si può riempire con ciottoli e ghiaia.
Il muro a secco visto in sezione evidenzia pericolose linee di frattura come se si trattasse di tre muri semplicemente accostati; la cosa va evitata con pietre che, ponendosi a cavallo di altre sottostanti, fungano da collegamento.
La tecnica dei muri a secco ha permesso negli anni di superare l’asprezza dei pendii montani consentendo di realizzare terrazzamenti successivi in cui fosse possibile coltivare vigneti o altre colture praticamente in piano.

Il caso della puglia

L’unità costruttiva del trullo presenta una pianta di forma circolare, sul cui perimetro si sviluppa la muratura a secco di spessore molto elevato. Questa caratteristica dona alla costruzione un’eccellente inerzia termica (fresco d’estate e caldo d’inverno), incrementata dalla limitatissima presenza di aperture esterne.

La parte bassa è completata dalla copertura a cupola costituita da una parte interna autoportante fatta da serie concentriche e rientranti sempre più di lastre orizzontali (dette chianche). 

C’è poi uno strato esterno, il vero e proprio tetto, fatto allo stesso modo, ma con lastre più sottili, dette chiancarelle.

Muri a secco in italia

Il tipico “dammuso” dell’isola di Pantelleria è una costruzione in pietra lavica locale, applicata a secco con duplice paramento di pietre sbozzate a spacco e mura molto spesse.
Il nuraghe è una costruzione di forma tronco conica molto diffusa in Sardegna. Può essere di forma e composizione molto diverse, andando a coprire superfici rilevanti.
L’arco appenninico ligure si leva dal mare in modo diretto: per avere superfici idonee alle coltivazioni, i contadini hanno fatto i tipici terrazzamenti sulle rive scoscese, arginando la terra con muri a secco.
Analogo sistema è stato applicato anche in altre regioni, per esempio l’Alto Adige, dove l’asprezza dei pendii rendeva impossibile la coltivazione.
In molti casi questa tecnica ha consentito di arginare anche piccoli appezzamenti di terreni intorno all’abitazione, presentando così un accesso legato alla tradizione locale.
In altri luoghi si è voluto accostare a realizzazioni antiche, fatte rigorosamente a secco, altre più moderne con pietre colorate e particolari disposizioni per un gradevole effetto estetico: in questo caso però le pietre sono unite da malta cementizia.
Persino nei prati di alta montagna capita di imbattersi in muri, eretti a divisione dei pascoli, usando rigorosamente pietre recuperate sul posto.

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